POLITICA

Mattarella-Draghi, due pesi e due misure

Purtroppo, anche coloro (politici, opinionisti etc.) che da “sinistra” (bisogna virgolettarla, perché in Italia non si sa più cosa sia o dove si celi), hanno espresso giudizi ben poco lusinghieri sull’«uomo delle banche», si sono poi guardati bene dal pronunciarsi su chi quella scelta ha operato o, peggio, se l’hanno fatto è stato solo per assolverne l’autore, stretto -a dir loro- tra pandemia e crisi della politica. Ebbene, la metto giù brutale: trovo ipocrita la scelta di condannare Mario Draghi e prosciogliere, per così dire, il presidente Mattarella, perché, è evidente, il giudizio sul primo si riverbera, fatalmente, su chi ha deciso di nominarlo. Il quale, vale la pena osservare, avrebbe ben potuto spendersi, con l’efficace drammatizzazione di cui è stato capace, a favore di un Conte ter. Perché non l’ha fatto? Al presidente della repubblica, dunque, prima che a Draghi, va imputata la convinzione che a fronte della crisi del sistema della rappresentanza (politica) non resti che inchinarsi alle virtù taumaturgiche della finanza e del mercato, di cui l’ex presidente della banca centrale europea è stato il fedelissimo sacerdote. Sparare solo su quest’ultimo, vale a dire sul vocato all’esecuzione dell’improbabile piano di salvataggio del Bel paese, bypassando la scelta del capo dello stato, mi sembra un po’ come prendersela (perdonate la metafora) col boia, facendo salvo il giudice! Insomma, in questa sciagurata vicenda, la responsabilità, gravissima, di Mattarella non sta emergendo come invece dovrebbe. E, va da sé e insieme, la responsabilità di quella potente oligarchia finanz-capitalistica -che ha in Renzi il solerte servitore- per la quale la gestione dei milioni del Recovery fund necessitava di orecchie e mani più attente e sensibili ai suoi bisogni…

A.P.

 Il Manifesto, 24 febbraio 2021

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