POLITICA

Ma cosa insegno?

Questa guerra mi indigna, come persona e come insegnante.

Non ho bisogno di definirmi pacifista o umanitario, insomma di “schierarmi”, per giustificare i miei sentimenti. Né, credo, amino definirsi pacifisti Bettin, Caccia, don Vitaliano e Casarini, i quattro che l’altro pomeriggio, nella base militare di Istrana, hanno dispiegato sotto gli occhi increduli dei militari uno striscione che null’altro esprimeva se non quel sentire comune ad ogni essere umano degno di chiamarsi persona: la ferma convinzione della necessità di spezzare la tragica spirale della violenza che in questi giorni sta insanguinando l’Europa, la voglia di gridare la propria indignazione a quanti, da una parte e dall’altra, stanno usando come spazzatura migliaia di persone per sporchi giochi di potere. Ecco: trovo raccapricciante la fenomenizzazione dell’umano e normale sentire, che ne giustifica la ghettizzazione e l’emarginazione; la sua percezione come corpo estraneo a un tessuto sociale sano perché indifferente ai più comuni richiami etici. E proprio perché estranea, l’«impresa» dei quattro sembra stia per avere un finale a dir poco grottesco: del prosindaco e del consigliere si chiede a viva voce l’allontanamento dalle istituzioni, causa la patente illegalità e inciviltà del loro gesto! Morale: guai a porsi fuori dal coro, guai a disobbedire. Il diritto di resistenza è una risorsa caduta in disuso: la democraticità degli odierni ordinamenti ne ha segnato definitivamente la fine. Così, passa sotto silenzio lo scempio della nostra Carta costituzionale perpetrato da governo e istituzioni, mentre si preferisce puntare l’indice contro chi quello scempio ha coraggiosamente denunciato. In queste condizioni diventa duro e frustrante il mio lavoro di insegnante.

A cosa serve spendermi a richiamare l’attenzione dei miei allievi sull’importanza della legalità, base necessaria della civile convivenza; a cosa serve educarli ai valori della pace, della solidarietà e del rispetto della dignità della persona umana, dell’uguaglianza etc., se i vertici istituzionali dello stato (di uno stato che si dice di diritto) trascinano il paese in guerra a dispetto di ogni forma di legalità, facendosi complici di una tragedia umana che ha cancellato diritti e speranze? Il diritto non è una coperta che si può imbrattare a proprio piacimento.

Per questi motivi mi asterrò da ogni attività di lavoro non curriculare. Rivendico il mio diritto di indignarmi in quanto persona, di resistere in quanto essere umano.

a.p.

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